Perché vivere l’arte ci fa bene?

Il ruolo della dopamina

Neuroscienze:

Perché andiamo al museo a vedere una mostra o a teatro a sentire un concerto? Lo facciamo perché evidentemente ci piace, ma che effetti ha l’arte su di noi? Diversi studi hanno dimostrato che l’arte può generare in noi un senso di benessere psicofisico. In questo articolo andremo a vedere cosa succede nel nostro cervello e nel nostro corpo quando viviamo un’esperienza artistica.

 

Neuroestetica: le basi neurobiologiche della bellezza e del benessere

Quando ci troviamo di fronte ad un’opera d’arte, che sia un dipinto, una scultura o un concerto di musica classica possono scaturire in noi una serie di reazioni e sensazioni fisiche come i tipici brividi lungo la schiena, l’aumento del ritmo cardiaco e respiratorio o anche la pelle d’oca.

Ma cosa succede nel nostro cervello?

Il cervello non è un sistema isolato, e ai diversi stimoli ambientali corrisponde una precisa attività di aree cerebrali, alcune variazioni della loro connettività e il rilascio di sostanze neurochimiche.

Con l’ausilio delle avanzate tecniche di visualizzazione dell’attività cerebrale tipiche delle neuroscienze, come la risonanza magnetica funzionale (fMRI), i ricercatori hanno potuto approfondire quali aree cerebrali si attivano quando viviamo un’esperienza artistica. Indipendentemente dalla forma d’arte sono stati quindi individuati alcuni meccanismi cerebrali che stanno alla base della percezione della bellezza e possono essere riassunti nei seguenti tre network:

1.   Il sistema senso-motorio (sensazione, percezione, sistema motorio)
2.  Il sistema emotivo-valutativo (gratificazione, emozione, desiderio/piacere)
3.  Il sistema della conoscenza e del significato (competenza, contesto, cultura)

L’attivazione del sistema senso-motorio è data principalmente dalla presenza dei famosi neuroni specchio che si attivano sia quando compiamo un’azione sia quando la osserviamo compiuta da qualcun altro. Non è nemmeno necessaria un’azione esplicita: questo sistema entra in gioco anche quando si guardano immagini statiche, come un quadro o una scultura, nelle quali l’azione rimane implicita.

Questa risposta sensorimotoria è alla base della cosiddetta “simulazione incarnata”, ovvero la capacità del nostro cervello di simulare le azioni, posture ed emozioni di altri individui così come dei personaggi rappresentati nei vari lavori artistici. Questo processo di simulazione sembrerebbe essere cruciale per l’apprezzamento estetico e l’attribuzione della bellezza a corpi e movimenti.

I ricercatori hanno poi individuato delle attivazioni di specifiche aree cerebrali come la corteccia orbitofrontale (localizzata più o meno nella parte frontale del cervello dietro agli occhi) e il nucleo caudato, la cui attività è correlata non solo al giudizio estetico, ma anche all’amore romantico. Infatti, sembrerebbe proprio che il piacere intenso che proviamo nell’ammirare una scultura particolarmente bella o nell’ascoltare un brano che ci piace induce nel nostro cervello una serie di risposte neurochimiche omologhe a quelle scatenate dall’innamoramento. Almeno dal punto di vista neurale, quindi, osservare un lavoro artistico induce un senso di piacere e di benessere molto simile a quello provato quando siamo innamorati perché sia l’amore romantico sia l’estasi di fronte ad un’opera d’arte attivano le aree cerebrali del piacere e della ricompensa che sono associate al rilascio di dopamina.

La dopamina è un neurotrasmettitore, conosciuto come l’ormone dell’euforia, legato al piacere, alla motivazione, e ai meccanismi del reward. Quindi, il benessere psicofisico e la sensazione di ricompensa che noi proviamo quando guardiamo un dipinto o ascoltiamo un brano musicale sono proprio determinati dall’attività e dalla sinergia di diversi centri dopaminergici.

Potrebbe sorgere spontanea una domanda sul perché ci sia questo connubio tra i centri del piacere estetico e quelli della ricompensa. Per rispondere a questo dubbio citiamo le parole dello scrittore francese Stendhal che sosteneva:

“la bellezza è una promessa di felicità”

Il centro della felicità, infatti, è molto vicino a quello della bellezza nella corteccia orbitofrontale. La visione di qualcosa di bello, e il conseguente rilascio di dopamina, genera perciò una serie di reazioni a cascata che si irradiano su molti altri centri cerebrali contigui, anche profondi e molto antichi, che ci fanno percepire la sensazione piacevole.

Il pioniere della neuroestetica Semir Zeki ha inoltre dimostrato che l’attivazione della corteccia orbitofrontale è modulata dall’esperienza del bello, il che vuol dire che più un’opera ci piace, più attivazione possiamo osservare in quest’area.

La prova di una relazione diretta tra l’attivazione di quest’area e l’apprezzamento dell’arte è anche data dal fatto che se questa regione è danneggiata la persona non è più in grado di fare esperienza del bello. Questa condizione prende il nome di anedonia.

 

L’arte come strumento terapeutico

Troppo spesso le varie esperienze culturali sono confinate nella sfera del divertimento.

Abbiamo visto però che il rapporto sinergico osservato fra i centri cerebrali dedicati all’estetica, al desiderio, al piacere e alla ricompensa supporta la stretta relazione fra la partecipazione a eventi culturali e la sensazione di benessere.

Favorendo la fruizione dell’arte, aumenterebbe quindi il rilascio di dopamina e si potrebbero contrastare così depressione, comportamenti antisociali e frustrazione che sono spesso legati a bassi livelli di questo ormone.

La funzione terapeutica dell’arte potrebbe essere utile anche per i malati cronici i quali vivono in strutture che offrono un’assistenza specializzata ma spesso generano un isolamento sociale e culturale.

La possibilità dei malati di partecipare ad eventi culturali ovviamente non può guarire ma può migliorare i livelli di ansia e depressione associati alla malattia cronica e ha un impatto positivo sulla percezione del dolore e dell’affaticamento.

Dedicare del tempo ad attività culturali potrebbe perciò dimostrarsi utile per alleviare le sofferenze dei malati, ma potrebbe anche rivelarsi un approccio terapeutico preventivo al decadimento della salute psicofisica.

 

Il ruolo dei neuroni specchio e l’educazione al bello

Abbiamo visto che l’arte fa attivare le aree senso motorie e i neuroni specchio, ma che ruolo hanno esattamente questi neuroni nell’esperienza estetica e nell’apprezzamento dell’opera d’arte?

L’attivazione di questo sistema neuronale ci fa comprendere meglio il contenuto dell’opera e di conseguenza ce lo fa apprezzare di più.

Ticini e i colleghi hanno voluto verificare se conoscere i movimenti che ha compiuto l’artista durante la creazione dell’opera possa influenzare la sua comprensione e quindi il suo apprezzamento. Hanno dunque creato un esperimento in cui i soggetti dovevano osservare dei dipinti e successivamente gli veniva chiesto di valutarli esteticamente. Ogni dipinto era preceduto da delle immagini che ritraevano un atto motorio. L’azione rappresentata poteva essere compatibile o incompatibile con i movimenti dell’artista. È emerso che l’opera veniva apprezzata di più se la sua osservazione era preceduta dalla simulazione degli effettivi movimenti compiuti dal pittore.

Vi è mai capitato di guardare un quadro o ascoltare un brano musicale che a primo impatto non vi dicesse niente, ma se qualcuno vi spiega qualche dettaglio tecnico e l’intenzione dell’artista iniziate ad apprezzarla molto di più? Tutto questo aiuta a comprendere perché è importante capire l’arte per goderne.

Come abbiamo già detto, più un’opera ci piace, più si attiva la corteccia orbitofrontale e più aumenta il rilascio di dopamina con il conseguente benessere psicofisico.

Ma la percezione della bellezza può essere allenata? La risposta è sì, perché abbiamo dimostrato che il rilascio di dopamina è solo in parte determinato dal nostro profilo genetico, mentre l’esperienza del bello può essere continuamente appresa e influenzata da fattori ambientali come la cultura e l’educazione.

Educare al bello dunque genera benessere nell’individuo.

Martina Zanotto
Psicologa, esperta in Neuroscienze

 

Bibliografia 

Enzo Grossi e Annamaria Ravagnan, Cultura e Salute, la partecipazione culturale come strumento per un nuovo welfare, Springer Verlag, 2013

Innovation Trend Report, Neuroscience Impact Brain and Business, Intesa Sanpaolo Innovation Center

Luca Ticini, L’arte e la cultura: elisir di lunga vita. Social News 9: 37. Official newspaper of the Italian Justice Ministry, newspaper specialized in children’s and youth’s problems, 2012.

 

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